Talk show, divi della politica, influencer mediatici e chi più ne ha più ne metta. I gladiatori dell’opinione pubblica si battono a colpi di commenti brevi e frizzanti, ma in ogni caso sempre più volti a connotare sé stessi o la controparte.
L’asfalto
Osservando la pagina YouTube di Matteo Salvini è possibile leggere titoli come: “Salvini asfalta professoressa democratica, terzomondista”, oppure “Salvini dalla Gruber asfalta tutti”.1 A onore di completezza anche la pagina di Fratelli D’Italia annovera titoli come Giorgia Meloni asfalta la Costamagna da Nicola Porro a Quarta Repubblica” 2ma anche “Consultazione quirinale: Giorgia Meloni umilia giornalista! Tutti in piazza”.
Il televoto
Più tempo passa, più serrato è il ritmo dei talk show. Non importa se l’argomento della puntata è impegnativo, è necessario rispondere all’istante. Il monologo (o dibattito all’italiana) non può contemplare istanti di silenzio o horror vacui. Forse questo nervosismo è figlio della aleatorietà dei voti e delle preferenze (dove anche una piccola battuta d’arresto può tradursi in una perdita di voti ed ascolti).
Ogni format televisivo che contempla un dibattimento tende a far rappresentare le istanze da poli che si trovano sempre più agli antipodi. Il risultato che ne viene fuori non è necessariamente a misura di cittadino, bensì di fan che si trova a scommettere su una sponda piuttosto che su un’altra; come se per appoggiare una misura più politicamente incline alla destra, bisogna necessariamente abbracciare le linee guida del governo odierno.
Parlare obiettivamente è sempre più noioso
Di fronte ad un’utenza web sempre più bombardata e distratta, talk show dalla durata di diverse ore, riescono ad intrattenere il pubblico grazie ad un mix tra cronaca e dibattimento. Quello che preme sottolineare è che il rapporto tra l’intrattenimento e l’informazione si sta facendo sempre più sbilanciato. La televisione italiana annovera diversi personaggi che hanno prosperato per decenni grazie ad una dialettica molto coinvolgente. Dallo Sgarbi de “La pupa e il secchione” fino ad arrivare a “Fuori dal Coro” di Mario Giordano ( con i siparietti delle zucche di halloween e del bonus monopattino).
Il talk show non ha come unico obiettivo l’informazione:
In una puntata del Breaking Italy night, Alessandro Masala, ha cercato di illustrare l’inscindibilità tra il talk show e l’informazione, ma Giuseppe Cruciani non è stato dello stesso avviso. Il conduttore de “La Zanzara” ha provato a motivare che senza gli effetti scenici, nessuno ascolterebbe assiduamente 3 ore di trasmissione, e che molti dei momenti che noi chiameremo trash non sono necessariamente improvvisati, bensì studiati per richiamare ancora di più l’attenzione.3
Attenti a ciò che si desidera
Forse non è necessariamente un problema la situazione esposta da Cruciani. La pretesa di imparare qualcosa dalle trasmissioni televisive, rispolvera gli anni della Rai targata Democrazia cristiana, dove i palinsesti erano costantemente sorvegliati dalla coalizione di governo. La democrazia cristiana, per difendersi dalla controinformazione delle forze di opposizione, costruì una Rai, la cui funzione pedagogica sarebbe fiorita dal 1954 al 1975. Secondo le forze governative di allora, i cittadini italiani dovevano essere istruiti attraverso un palinsesto di stampo clericale e conservatrice (Per approfondimenti sulla tematica consiglio il libro “Una e divisibile, la Rai e i partiti negli anni del monopolio pubblico” di Giulia Guazzaloca).
Un’informazione altamente mercificata
Di fronte a un bombardamento mediatico che si espande dai social, alla televisione fino ad arrivare anche nei posti di lavoro, lo strumento indispensabile che dobbiamo sempre tenere a mente è la nostra capacità di discernimento. Se in Italia il mercato turistico compone una voce considerevole del prodotto interno lordo, quello dell’informazione muove una quantità ancora più preponderante. Non è un caso che moltissimi siti si avvalgono della SEO e di altri strumenti di marketing decisamente capillari, come non è un caso che l’informazione si è mercificata fino ad annoverare termini anglosassoni come “brand journalism” e “story telling”.
La seo e lo storytelling sono strumenti già altamente assimilati dagli influencer mediatici, gli stessi di cui abbiamo parlato ad inizio articolo. L’alfabetizzazione digitale ci permetterebbe di attrezzarci meglio verso gli intenti propagandistici. Anche i contenuti più brevi e “genuini” nascondono un dietro alle quinte.
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