Un’Italia che viaggia in più direzioni contempla realtà lavorative così multi variegate che quasi si stenta a credere che esistano nello stesso paese, e nel nostro presente.
Il terzo millennio, la globalizzazione e la rivoluzione informatica hanno cambiato profondamente il mondo del lavoro. Tuttavia esistono dinamiche e pratiche che permangono tutt’oggi nell’ambiente lavorativo italiano. Ma prima di trattarle è bene ripercorrere un breve excursus storico.
Un filo d’oro plurisecolare
A partire dal tardo medioevo le corporazioni di mestieri italiane si erano riunite per proteggere i loro interessi. Tra le varie limitazioni che si sono imposte, quella più importante riguarda l’impiego dei nuovi macchinari, quegli stessi macchinari che avrebbero scombussolato gli equilibri interni (facendo prevalere chi aveva più mezzi).1
Perfino quando l’Europa dell’800 si affacciava all’industrializzazione, la penisola italiana constatava già l’arretratezza economica del meridione. Il nostro paese era lungi dall’affrancarsi dal protezionismo delle corporazioni e dei grandi latifondisti, quest’ultimi del tutto disinteressati a trasformare l’attività agricola. Il nord del paese, forte della scarsa competitività del sud, poteva impiegare manodopera a bassissimo costo, e grazie alle protezioni garantite dalla corona sabauda, poté prosperare a discapito della parte povera d’Italia, che sarebbe diventata sempre più povera. 2
Cos’è il garzonato?
Con la parola garzonato è bene riferirsi a tutte quelle figure che, indipendentemente dal rapporto di lavoro instauratosi, eseguono per lunghissimo tempo attività lavorative sotto qualificate. Nonostante il consolidato uso di software gestionali, di piattaforme e-commerce e la vasta disponibilità di novità tecnologiche, una buona fetta delle attività lavorative percepisce ciò come una potenziale fonte di preoccupazione.
Come il garzonato incide sul percorso professionale
I rischi collegati al garzonato sono sia una paga oraria molto bassa, sia una mancata formazione del personale, quello stesso personale che, anche a distanza di molti anni, non ottiene un portfolio delle competenze che lo possa mettere a riparo da eventuali rischi di disoccupazione. Persino un operaio che lavora da 20 anni nella stessa azienda, in caso di licenziamento, avrebbe enormi difficoltà a trovare un nuovo impiego (nonostante la longeva esperienza).
Il concetto chiave di questa interpretazione risiede nella scarsa appetibilità dei profili disponibili, in altre parole, la formazione è così scarsa da non mostrare un percorso di crescita del lavoratore nel corso degli anni. Non è difficile pensare che in caso di colloquio lavorativo, un datore di lavoro propenda per assumere un under 30 (usufruendo del contratto di apprendistato) piuttosto che riconoscere i 20 anni di carriera di un altro candidato come utili ai fini dell’inserimento.
Il feudatario e il “vassallo tradito”
Ci sono molte questione che approfondiremo in futuro. Tuttavia un aspetto su cui è bene partire risiede nella mentalità prettamente feudale di molte realtà lavorative. Il garzonato (termine seppur artificioso) è un costume italiano che ha mantenuto, nel corso dei secoli, molte costanti. Il rapporto tra il maestro e l’apprendista (tipico delle corporazioni medievali e della storia moderna) è diventato quello tra il datore e il garzone, dove quest’ultimo giura fedeltà al suo superiore in cambio di una paga e di una speranza che il suo signore provveda a tenerlo sempre al riparo dagli shock esterni, speranza che spesso e volentieri si scontra con la dura realtà del mercato del lavoro.
I fallimenti delle politiche di reinserimento del reddito di cittadinanza non sono solo dovuti a problemi di coordinamento, quanto piuttosto all’enorme divario che separa un “garzone” di 50 anni da un suo coetaneo che ha sempre fatto valere un discreto grado di potere contrattuale. I centri per l’impiego si ritrovano impreparati di fronte a una vastissima platea di over 40 e 50 che non hanno solo bisogno di un lavoro, ma piuttosto che la loro figura professionale venga ricostruita da capo.
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